Le tariffe aeree a livello globale hanno subito un calo deciso a marzo dopo il picco di aumenti di gennaio e febbraio, ma questo insieme con aprile, potrebbe essere l’ultimo mese di ribassi significativi. Diversi fattori indicano che il costo dei biglietti aerei da maggio alla fine dell’anno subirà incrementi significativi.
L’ultimo report di CWT, disponibile qui, indica una discesa delle tariffe aeree del 4 per cento dopo il picco raggiunto a fine gennaio, 6 per cento rispetto all’anno precedente e di febbraio, quando sono salite del 3 per cento. Il prezzo medio aveva raggiunto a inizio febbraio i 702 dollari, per scendere a circa 650 dollari nel mese in corso. Ad aprile, secondo le previsioni di CWT dovrebbe attestarsi a 673 dollari.
Il rapporto non ha un focus sui singoli continenti, ma in Europa, come può sperimentare chiunque stia cercando in queste settimane di prenotare un biglietto nel periodo tra giugno e dicembre, trovare tariffe abbordabili è sempre più complicato. I motivi sono almeno tre.
DOMANDA IN CRESCITA La domanda di trasporto aereo a livello globale è in continua crescita da dieci anni. In Europa, i passeggeri nel 2017 sono aumentati del 7,3 per cento rispetto all’anno precedente, superando abbondantemente il miliardo, come evidenziato da Eurostat. Tutti i principali Paesi, nell’ordine Regno Unito, Germania, Spagna, Francia e Italia, hanno sperimentato crescite robuste, tra il 5,8 (Germania) e l’8,2 per cento (Spagna). Le previsioni a medio e lungo periodo indicano un potenziale raddoppio dei flussi di passeggeri entro il 2037 rispetto ai livelli del 2018. Al tasso attuale significa che entro due decenni la richiesta di trasporto aereo in Europa sfiorerà i due miliardi di passeggeri l’anno. Le compagnie aeree potrebbero non riuscire a sostenere il tasso di crescita attuale della domanda per due motivi principali: la mancanza di capacità, ovvero di aerei, e la mancanza di piloti. Airbus a febbraio 2019 ha ordini arretrati per 7.390 apparecchi, di cui 1.209 in Europa, mentre l’arretrato di Boeing ammonta a 5.826 aerei. Non va meglio per quanto riguarda i piloti. Secondo il CAE, il principale produttore mondiale di simulatori, entro il 2027 serviranno 255 mila nuovi piloti di cui oltre cinquantamila solo in Europa. La limitata offerta di posti, combinata con una eventuale mancanza di piloti e personale specializzato potrebbero restringere l’offerta e spingere in alto le tariffe.
IL PREZZO DEL PETROLIO Il secondo fattore è determinato dal costo del carburante. Rimasto basso e stabile a partire dalla crisi globale del 2008, dalla seconda metà del 2018 il prezzo del petrolio ha ricominciato a salire limando i già ridotti profitti dei vettori e mandandone fuori competizione un certo numero. Va ricordato che il carburante incide tra il 40 e il 50 per cento di ciascun volo. Potrebbe essere attribuita all’aumento del prezzo del petrolio la perdita annunciata da Ryanair dal 2014 a oggi, con un passivo nell’ultima trimestrale di quasi 20 milioni di euro. Presto o tardi i maggiori costi di approvvigionamento si rifletteranno sui biglietti.
ESPANSIONE DEL MODELLO LOW COST Il terzo fattore riguarda l’espansione del modello low cost, imposto in Europa da Ryanair e da easyJet e in seguito adottato con diverse gradazioni da tutti gli operatori regionali, comprese le compagnie tradizionali sulle rotte a corto raggio. Il modello ha ridotto le possibili opzioni e differenziazioni di servizio offerte dalle compagnie. La scelta dei consumatori è essenzialmente ristretta al ‘prezzo più basso’, e il fenomeno ha costretto le compagnie aeree a contare sempre più sui ricavi accessori, derivati cioè dalla vendita di prodotti e servizi non strettamente legati al servizio di trasporto in senso stretto, come la selezione dei posti, le tariffe per i bagagli o la ristorazione a bordo. I servizi ‘à la carte’ nel 1995 valevano circa il 12 per cento delle entrate per le compagnie aeree, oggi rappresentano il 26 per cento e sfiorano i 60 miliardi di euro. Il fenomeno ha coinvolto tutti i vettori, compresi i Full Service Carrier, cioè le compagnie tradizionali, che hanno progressivamente spacchettato il prodotto di trasporto in servizi aggiuntivi e vendono servizi accessori come pacchetti viaggio, notti in albergo, auto in affitto e molto altro. Alcune, come Qantas, hanno stabilito accordi di partnership con piattaforme dedicate all’accoglienza, come Airbnb. In aggiunta, il nuovo sistema di distribuzione sviluppato da IATA che coinvolge le agenzie e i grandi acquirenti, NDC, promette di spingere ancora di più i ricavi ancillari e, di conseguenza il costo finale di ciascun viaggio.
Le grandi compagnie sono fin qui riuscite ad adattarsi e a farne una leva di espansione, i piccoli vettori regionali hanno visto ridursi la sostenibilità con fallimenti e accorpamenti. Il processo, almeno in Europa è accelerato negli ultimi diciotto mesi ed è lontano dall’essersi concluso. Ne abbiamo scritto qui. La minore competizione, in un mercato aperto e poco regolamentato come quello europeo, comporta inevitabilmente l’aumento delle tariffe, per lo meno sulle rotte che diventano territorio di un unico vettore.
Al di là degli aggiustamenti stagionali, l’aumento della domanda, l’incremento del prezzo del petrolio e la riconfigurazione in atto del modello di esercizio con la diffusione di prodotti accessori, determineranno un aumento dei prezzi nel medio e lungo periodo.
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