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Immagine del redattoreStefano Campolo

Con 9 anni di ritardo e nel mezzo della pandemia, Berlino ha il suo nuovo aeroporto

Aggiornamento: 30 dic 2020



L'ingresso principale del nuovo terminal dell'aeroporto di Berlino


Non c'erano tartine sabato 31 ottobre all'apertura ufficiale del quarto e verosimilmente ultimo aeroporto di Berlino, almeno per il secolo a venire. Nessuna cerimonia ufficiale, discorsi, festoni né bande musicali. Aperto al traffico con 9 anni e un giorno di ritardo, costato cinque volte in più rispetto alle previsioni iniziali, costellato di problemi di progettazione, BER – questo il codice internazionale dello scalo Berlino – Brandeburgo è passato da essere il simbolo della rinascita tedesca dopo la caduta del muro a monumento di inefficienza e corruzione. L’opera che ha incrinato la credibilità internazionale di un paese mitizzato per la capacità di funzionare senza eccessive perdite di tempo e sprechi di risorse pubbliche. Se qualcosa doveva andare storto, a Schönefeld, sobborgo alle porte meridionali della capitale, è andato storto tutto, ma proprio tutto, e il mito è andato a sbattere contro una realtà indigesta all’opinione pubblica tedesca: incapacità di pianificazione, ritardi e malversazione di denaro pubblico non sono un’esclusiva dei paesi Mediterranei.


Saltata la data di apertura del 30 ottobre 2011, l’inaugurazione fu spostata al 3 giugno 2012. Per l’occasione era prevista una cerimonia in grande stile, con la partecipazione della cancelliera Angela Merkel e di molte autorità europee. I preparativi erano in corso da mesi con la macchina logistica al lavoro per la contemporanea chiusura dell’aeroporto di Tegel e lo spostamento, nella notte tra il 2 e il 3 giugno di tutte le attività nel nuovo scalo. Anche la campagna di comunicazione era già stata avviata, con manifesti giganti nei due land ad annunciare il “Benvenuto al mondo” del nuovo aeroporto battezzato in onore dell’ex sindaco di Berlino, cancelliere tedesco e premio Nobel per la pace Willy Brandt. Era prevista anche una diretta televisiva di 24 ore a testimoniare la capacità di chiudere le attività in un aeroporto la sera, spostare uomini, mezzi e migliaia di tonnellate di attrezzature e ricominciare le operazioni alle 6 del mattino dalla parte opposta della città. I sogni di gloria si infrangono con il rifiuto di un burocrate di mettere la firma sui certificati di sicurezza dei locali, a inizio maggio 2012. Un’inchiesta del Lander Brandeburgo rivelerà nel 2016 che non solo l’opera era costruita al 56 per cento (mancavano ad esempio i banchi del check-in e molte scale mobili), ma la stesura dei cavi e gli apparati antincendio erano fuori norma quando non addirittura pericolosi. Bisognerà attendere otto anni e mezzo prima che le porte del nuovo terminal aprano al pubblico. Nel frattempo i costi di costruzione passano da 2,8 a oltre 10 miliardi di euro, ci sono stati due casi acclarati di corruzione nella gestione degli appalti, si sono succeduti quattro amministratori delegati e una serie infinita di cause legali, non ultima quella delle ferrovie tedesche che dal 2012 hanno dovuto gestire quella che è stata ribattezzata come ‘stazione fantasma’, nel sottosuolo dell’aeroporto.


L’idea di un nuovo e moderno aeroporto fece capolino all’indomani della riunificazione, nel 1990. Dopo 45 anni Berlino aveva riconquistato il ruolo di capitale federale e, oltre ai nascenti quartieri direzionali, al nuovo parlamento e alle innumerevoli opere di ricucitura tra est e ovest della città, la ritrovata centralità andava suggellata con una infrastruttura simbolica, la porta di ingresso più moderna ed efficiente d’Europa. All’epoca Berlino contava tre aeroporti: il centralissimo Tempelhof, destinato ad aeroporto nel 1923, ma che aveva visto volare gli aeroplani ancora nella prima decade del secolo scorso e divenuto famoso per il ponte aereo del 1948-49 durante il blocco di Berlino; Tegel, un’area militare a nord della città convertita ad aeroporto civile nel 1948 e in seguito profondamente ristrutturata con il famoso terminal esagonale negli anni Settanta; Schönefeld, una manciata di chilometri a sud est di Berlino, aperto nel 1934 e divenuto progressivamente il secondo scalo internazionale dell’area. Proprio su quest’ultimo cadde la scelta dei decisori politici di costruire il nuovo aeroporto. Una scelta per certi versi incomprensibile e incredibilmente dispendiosa. Lo spazio disponibile per i nuovi terminal, per i piazzali di sosta e per la pista di decollo e atterraggio era, e rimane, ridotto limitando le possibilità di future espansioni. Situato in un’area densamente abitata, l’aeroporto non potrà funzionare di notte, il primo slot libero è alle 6 del mattino, l’ultimo alle 22.55. Per fare spazio al nuovo terminal e al cantiere, sono state abbattute decine di abitazioni, un intero borgo e centinaia di persone sono state costrette a spostarsi con un costo stimato di 80 milioni di euro.


La società di gestione, la BBF, costituita nel 1991 dai Lander di Berlino, del Brandeburgo e dallo stato federale commissionò la progettazione allo studio di architetti GMP di Amburgo, già autore del terminal A di Tegel e della stazione ferroviaria di Berlino. Il progetto rispecchia deliberatamente la filosofia del fondatore dello studio GMP, l’architetto Meinhard von Gerkan, che detesta negozi e aree commerciali nei luoghi di transito. Nel suo libro ‘Black Box BER‘ (2013), von Gerkan sostiene che “la maggioranza dei passeggeri non ha alcun desiderio di acquistare nulla” e, ancora, perché mai qualcuno dovrebbe “gironzolare trascinandosi due bottiglie di whiskey pagate troppo in una borsa di plastica come un mendicante?”. Non sorprende quindi che i terminal 1 e 2 del nuovo aeroporto lascino pochissimo spazio alle funzioni commerciali. Idee legittime, ma poco pratiche e soprattutto, insostenibili economicamente nella gestione di un aeroporto nel ventunesimo secolo. Negli anni Sessanta e Settanta, quando viaggiare in aereo era riservato alle classi abbienti e i servizi in aeroporto erano minimi, le società di gestione, tutte pubbliche, basavano i rispettivi ricavi quasi esclusivamente sulle attività di aviazione, cioè le tasse versate dalle compagnie aeree. Da 25 anni a questa parte, tuttavia, il trasporto aereo è diventato un fenomeno di massa, costringendo gli aeroporti a moltiplicare i servizi offerti, tra cui parcheggi e collegamenti ferroviari, ad estendere le attività di gestione dei bagagli, a offrire servizi di connettività e ad ampliare gli spazi per fare posto a decine di migliaia di persone in partenza o in arrivo ogni giorno. Dopo l’11 settembre 2001, l’attivazione di sofisticati sistemi di sicurezza, ha inciso notevolmente sui costi di gestione. Caffè, ristoranti, negozi di beni di lusso, sale d’attesa e qualsiasi altro esercizio commerciale ha fondamentalmente due funzioni all’interno di un aeroporto: fornire una distrazione per le migliaia di persone in partenza o in transito e che stazionano talvolta anche per ore all’interno dei terminal e contribuire a pagare i costi di gestione. Nel suo rapporto annuale 2020, ACI l’associazione internazionale degli aeroporti ha rimarcato che a livello globale nel 2019 i ricavi derivanti direttamente da traffico aereo per gli aeroporti equivalgono al 55,9 per cento, mentre l’impatto dei ricavi non aeronautici sui bilanci aeroportuali pesa il 39,2 per cento, a cui va aggiunto il 4,9 per cento di ricavi slegati dalle attività operative. Questi dati sono pubblici, ma sopratutto consolidati e se all’inizio degli anni Novanta mostravano una tendenza, a metà del decennio successivo, per quanto inferiori ad oggi, offrivano indicazioni chiare rispetto alla progettazione di un aeroporto. In definitiva, quando a settembre 2006 le prime ruspe avviano i lavori a Schönefeld, l’aeroporto Berlino Brandeburgo è già vecchio.


Nel frattempo, un altro progetto era naufragato. La privatizzazione dello scalo, ideata a metà degli anni Novanta, era stata perseguita con una gara a cui avevano partecipato due consorzi, il primo comprendente la multinazionale ABB, Fraport – gestore dell’aeroporto di Francoforte e LBB, banca commerciale di Berlino; nell’altro consorzio figuravano l’azienda immobiliare IVG, la società di gestione dell’aeroporto di Vienna e Commezbank. Nel 1998 il primo consorzio si aggiudica la gara, ma il secondo ricorre alla giustizia e ottiene l’annullamento dell’assegnazione l’anno successivo. Nel 2000 i due consorzi si uniscono, redigono un nuovo piano e nel 2002 presentano un’offerta per la costruzione e la gestione dello scalo con apertura ipotizzata verso la fine del 2007. Nel mentre, però, il consiglio di amministrazione di BFF è stato rinnovato con Manfred Stolpe, ministro federale dei trasporti, Klaus Wowereit, sindaco di Berlino e Matthias Platzeck, presidente del Brandeburgo. Il board presieduto dal sindaco di Berlino, valuta irrealizzabile il piano di privatizzazione e nel 2003 vota la sua definitiva dismissione. I due consorzi verranno compensati con circa 50 milioni di euro.


La costruzione dell’aeroporto di Berlino Brandeburgo ha subito continui ritardi causati da una serie di problemi. Di fatto, dopo il 2012 gli apparati elettrici, i sistemi di allarme, di ventilazione e antincendio del terminal sono stati ricostruiti ex novo. Le cause principali dei continui ritardi sono state il sistema antincendio e quello di allarme. Gli impianti non sono stati realizzati secondo le specifiche indicate nel permesso di costruzione ma non hanno superato i test di conformità. Gli ispettori hanno scoperto difetti nel cablaggio, nella programmazione e nell’implementazione del sistema altamente complesso progettato da Siemens e Bosch. Il sistema controlla automaticamente irrigatori, estrattori di fumo e porte tagliafuoco. Visto che il sistema antincendio di fatto non funzionava, la società di gestione a un certo punto propose addirittura l’impiego di 700 addetti per il controllo a vista e l’apertura o chiusura manuale delle porte tagliafuoco. Una soluzione provvisoria, dissero i dirigenti di FBB. Nessun funzionario o dirigente del locale dipartimento di supervisione ha ritenuto di poter prendere sul serio una simile idea. La chicca arriva nel 2014, quando si scopre che il progettista dell’impianto antincendio di un’infrastruttura valutata quasi 7 miliardi di euro, non era neppure ingegnere, ma un apprendista come disegnatore di ingegneria. “Tutti pensavano che fossi un ingegnere. Semplicemente non li contraddicevo”, ha affermato Alfredo di Mauro intervistato dall’agenzia tedesca DPA. Di Mauro ha iniziato a lavorare in aeroporto nel 2006, prima come libero professionista per uno studio di ingegneria poi fallito, in seguito come dipendente stipendiato. A maggio 2014, Hartmut Mehdorn, amministratore delegato dell’aeroporto, ha licenziato Di Mauro affermando che il rapporto di fiducia era “definitivamente compromesso”.


I motivi dei ritardi non sono tutti imputabili a Di Mauro. Oltre al sistema antincendio, le ispezioni che si sono infittite dopo la mancata apertura del 2012 hanno scoperto difetti nei pozzetti dei cavi del terminal, pericolosamente sovraccarichi, l’insufficienza dei banchi per il check-in e dei nastri per il ritiro dei bagagli. Inoltre, le unità di raffreddamento erano troppo deboli, creando rischi di surriscaldamento e possibili guasti letali dei sistemi informatici dell’aeroporto. Inoltre, i percorsi di volo e le zone di protezione acustica sono stati calcolati in modo errato. Di Mauro non è l’unico “esperto” a perdere il lavoro. A seguito dei controlli, il capo tecnico Horst Amann, assunto nell’agosto 2012 come l’uomo che avrebbe dovuto salvare il progetto, viene sostituito appena cinque mesi dopo aver preso l’incarico e il suo successore, il capo pianificatore Regina Töpfer, verrà licenziato nel febbraio 2014. Nel frattempo Jochen Grossmann, ex direttore tecnico dell’aeroporto, è stato accusato di aver accettato tangenti per 500 mila euro.


L’impianto antincendio fu rifatto da capo a piedi. Decine di chilometri di cavi furono smontati e buttati, così come tubature e opere in muratura. Il conto finale solo di questi interventi secondo gli esperti è stato quantificato a nove cifre. Tra accuse, tensioni e inchieste la data di apertura viene spostata di anno in anno. Prima il 2014, poi il 2016, quindi il 2018, ottobre. Non se ne fece mai nulla, con l’unico risultato di fare a brandelli l’immagine della Germania forte ed efficiente. A complicare le cose sono intervenuti il fallimento del pianificatore generale Flughafen Berlin Brandenburg International e il licenziamento degli architetti Gerkan, Marg and Partners. I difetti e le problematiche riscontrate dagli ispettori compongono un’aneddotica pressoché infinita, ricordatevene quando qualcuno vi sbatte in faccia l'efficienza teutonica: mancanza di un’adeguata supervisione e documentazione, in particolare per quanto riguarda il cablaggio con canaline sovraccariche o cavi in ​​combinazioni incompatibili e pericolose, come le linee telefoniche accanto ai cavi dell’alta tensione; 60 chilometri di tubi di raffreddamento installati senza isolamento termico comportarono la demolizione di decine di muri; le prese d’aria esterne installate in posizioni improprie permettevano l’ingresso dell’acqua piovana dalla facciata occidentale; il 21 settembre 2015 fu ordinata la sospensione immediata di tutti i lavori di costruzione del terminal per l’imminente crollo del tetto principale; sempre nel corso del 2015, circa 600 muri di protezione antincendio furono sostituiti perché realizzati con blocchi di cemento cellulare che fornivano una protezione antincendio insufficiente e costruiti con un tipo di malta risultato inadatto.


I dirigenti di FBB, la società di gestione, si rassegnarono infine a non indicare una data di fine lavori. Ulteriori ritardi vennero accumulati per la sparizione di materiale e, all’inizio del 2020, a causa di uno sciopero dei lavoratori.


BER sostituirà lo scalo di Tegel, che doveva essere chiuso definitivamente nel 2016. Entro l’8 novembre tutte le compagnie aeree operative nello storico aeroporto, si trasferiranno nella nuova struttura. Dopo un periodo di attesa previsto per legge, Tegel non sarà più ufficialmente un aeroporto a partire dal 3 maggio 2021. Per l’area si prospetta un futuro come campus universitario. Aziende immobiliari e architetti sono pronti a reinventare l’aeroporto: ci sono piani per sviluppare il sito in una cosiddetta “Urban Tech Republic”, un centro commerciale ad alta tecnologia che potrebbe fornire 18.000 posti di lavoro. I terminal A e B saranno utilizzati dall’Università di Scienze Applicate di Berlino per un nuovo parco tecnologico. L’area rimanente sarà disponibile per uso industriale, la più grande area di sviluppo della Berlino contemporanea.

L’aeroporto di Schönefeld sarà incorporato nel nuovo scalo BER e costituirà il terminal 5. Già considerato uno dei peggiori aeroporti d’Europa, sarà sottoposto nei prossimi anni a lavori di ristrutturazione. Considerando il terminal 2, che dovrebbe essere completato nel 2021, la nuova infrastruttura ha una capacità di 40 milioni di passeggeri l’anno. Ma la beffa di aver aperto le operazione nel mezzo di una pandemia che ha ridotto il traffico aereo del 70 per cento nel 2020 – e ancora non si conoscono le stime per il prossimo biennio – rende molto prudente l’attuale direttore Engelbert Lütke-Daldrup. Le previsioni sono di circa 11 milioni di passeggeri per l’anno prossimo e il pareggio di bilancio non è contemplato prima del 2025. Prima ancora di aver servito un singolo passeggero, il gestore del nuovo aeroporto il 9 ottobre scorso ha implorato sussidi pubblici per 552 milioni di euro con i quali fare fronte alla perdita di passeggeri dovuta all’emergenza Covid-19.


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